venerdì 17 ottobre 2014

Marina Agostinacchio

A Padova, città d’acqua                                                     
Vederla la città rasoterra –acqua.
E lì discesa, risalita. Cifre
d’epoche passo-passaggio d’albero,
pietra legno ritrovato. L’implume
brillio di memoria radiazione.
Fiorisce il grido  e articola parole
e nome tradito. Mura, bastione.
Respiro, asfissia, un tortuoso giro
  -vagare d’anime fluorescenti.
Nel mezzo di nuove cattedrali e ali
d’uccello, corsa e ferita di questa
suicida trasvolata. Zampe argilla,
esangue colosso, preme frantuma
l’arteria che s’ingemma d’aria e ramo
e scroscio buono di navigazione.
Lo senti, il battito, questa città
chiama. Felice esumazione, suono
danza d’oriente di passante. E acciaio
d’armi a difesa. Leviga ogni salto,
dissotterra canali. Rosa il ventre
che ha petali e ampolle di ragione.
Di sogno e rivoluzione, meandri,
circonvoluzioni di azzurre barche
- cometa.  Galleggiano notte e giorno.
Marina Agostinacchio


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