NEL SOGNO
DELL’ACQUARIO
Per decenza stemperato
Da umidità fangose frastornato
In acque consone all’acqua che scorre
E si rincorre per fiumi e fiumiciattoli
In stillicidio risorgendo del mio
fluire
Polla e sorgente d’una madre madida
che all’infinito
Le proprie impermeabili doglianze
gocciola
Figliolanze di liquida matrice che
dall’utero spugnoso
Strizzate colano tutte le realtà
freatiche
E in queste acque come fitti banchi
Di pesce atto a dislocarsi tra limo e
sale
Con pinne eclettiche e branchie
prenatali
Scivolare sorretto dalle spine e
avvolto dalle squame
Ricavando dal moto contingente l’unica
Risorsa disponibile fino al secco della
riva
Sabbiosa meta, ultima dimora
Eternità concreta che il corpo
rassicura
E tutta l’anima dissecca sulla lisca
Gabriele
Pepe
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