Di acqua e
cemento
Piovve che era già aprile
e subito il sole si bevve pozzanghere
rigagnoli e fossati le rane migrarono
una notte a balzi in gran silenzio
sapemmo che qualcosa era morto
l’élan vital le grandi onde d’erba
alla brezza
l’armonia vagabonda delle nuvole
chiare.
Un aquilone precipitò sulla punta
di un cipresso maciullando il corpo
e le lunghe code ad anello multicolori
presagio? profezia per sordi? miraggio?
Avevamo perduto la meta e il futuro.
Sudavo e il raffreddore mescolava
mocci e sale salviette a pacchi
per detergere tutta l’acqua dentro
che premeva da ogni poro fuori
ricordammo risa e chitarrate
ma si era stonati e fuori tempo
anche le corde delle chitarre avevano
chiavi rotte senza presa una pena
volavano piume come muta d’uccello
l’acqua era limpida ma impastava
sabbia e ghiaia per altro cemento
che brucava la pelle della dita e il
cielo.
Narda
Fattori
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